I ricercatori di DisComPoSE hanno animato una sessione del convegno La cultura italiana del Settecento e le sue connessioni transnazionali, organizzato il 20-22 giugno 2023 a Napoli nell’ambito delle attività del progetto internazionale Rethinking Eighteenth-Century Italian Culture and Its Transnational Connections realizzato dalla California State University, Long Beach, in collaborazione con l’Università di Napoli Federico II.

Il progetto, guidato da Clorinda Donato (CSULB) e Pasquale Palmieri (UniNa) mira a studiare i documenti che testimoniano l’importanza dell’Italia nel panorama culturale transnazionale del XVIII secolo. Uno dei principali obiettivi è la selezione di una rosa di testi italiani salienti del XVIII secolo che non sono mai stati tradotti in inglese o necessitano di essere ritradotti e corredati di un apparato scientifico.

Preziosi a questo scopo saranno le migliaia di testi e immagini raccolti, schedati e analizzati nell’ambito del progetto DisComPoSe. Di come cambiano le ragioni e i modi di comunicare le notizie sui disastri naturali tra la fine del XVII secolo e la seconda metà del XVIII, si è discusso durante la sessione presieduta da Anna Maria Rao che ha visto la partecipazione di quattro membri dell’equipe guidata da Domenico Cecere.

Una delle ipotesi di fondo delle ricerche DisComPoSe è l’idea secondo cui, sin dall’inizio dell’età moderna, le calamità siano state potenti generatori di discorsi e che il verificarsi di eventi straordinari luttuosi sia stata l’occasione di conflitti di interpretazione tra istituzioni, gruppi e forze sociali antagonistiche.

Nel suo intervento Notizie catastrofiche tra l’Europa e l’Atlantico, Cecere si è soffermato sulla competizione tra ordini religiosi per la promozione dei propri santi alla gloria degli altari a ridosso di eventi calamitosi. Durante i processi di circolazione di informazioni all’esterno degli apparati di governo, i disastri naturali narrati finiscono per essere totalmente trasfigurati, decontestualizzati, per diventare il mero scenario nel quale operano figure eroiche di santi e di uomini delle istituzioni. Tali eventi perdono i propri contorni specifici per diventare manifestazioni dello scatenamento degli elementi della natura per effetto della collera divina, e quindi occasioni per l’azione delle forze celesti, o di determinate forze sociali di cui le comunità hanno invocato la protezione.

L’evento viene raccontato con l’obiettivo d’impressionare i lettori/ascoltatori piuttosto che d’informarli per mettere in risalto le iniziative del viceré e degli ordini religiosi che si riteneva avessero risparmiato alla città sciagure peggiori.

Cecere ha, inoltre, mostrato come nel corso del XVIII secolo emerga una nuova sensibilità nel raccontare l’esperienza di una catastrofe. L’eccezionalità dei fenomeni naturali descritti, il carattere patetico delle testimonianze riportate, la gravità dei danni esposti modificarono la percezione dei disastri e indussero alcuni philosophes e uomini politici a prospettare la possibilità di una rigenerazione, quasi di una palingenesi dopo la catastrofe. La percezione della sofferenza collettiva e della desolazione delle regioni colpite stimolò una ricerca di senso che, secondo questi osservatori, poteva essere individuata nella possibilità di un futuro migliore. La tabula rasa prodotta da un disastro poteva diventare l’occasione per avviare progetti di trasformazione urbana, che portassero con sé piani di riforma o addirittura di rigenerazione della società e della morale.

Gli interventi di Annachiara Monaco, Antonio Perrone e Umberto Signori hanno messo in evidenza La circolazione di conoscenze naturalistiche nella tarda età moderna attraverso i documenti della Collezione Sismica, conservati presso la Società Napoletana di Storia Patria. Questo fondo, che risale a metà dell’Ottocento, costituisce una raccolta unica per conoscere come generazioni diverse hanno vissuto e raccontato terremoti ed eruzioni vulcaniche e come gli scienziati nel corso del tempo hanno utilizzato e interpretato queste testimonianze.

Umberto Signori ha presentato due esempi cinquecenteschi della catastrofe nota come Monte Nuovo, per spiegare come un disastro naturale potesse essere rappresentato in una pluralità di forme. Le prime due edizioni dell’opera a stampa del medico e filosofo Simone Porzio mostrano come, attraverso un’interpretazione naturalistica e metaforica della catastrofe, gli editori abbiano dato più spazio alla necessità di fornire un resoconto incentrato sull’osservazione diretta dell’evento, probabilmente per soddisfare l’insolita curiosità che il fenomeno aveva suscitato.

Il manoscritto incompiuto del trattato di sismologia del medico napoletano Cola Anello Pacca, invece, crea un senso di straniamento nel lettore moderno che cerca di interpretarne l’approccio metodologico. Se, da un lato, l’autore mette in relazione l’evento con quanto autorevoli studiosi del passato avevano scritto sui terremoti, prestando grande attenzione alle fonti impiegate; dall’altro, il testo propone una dimensione del meraviglioso secondo forme più legate alla circolazione delle notizie. Pacca, in particolare, propone lunghe narrazioni storico-geografiche che caratterizzeranno i testi sui disastri successivi, almeno fino all’età dei lumi.

Antonio Perrone ha esaminato le Rime d’Illustri Ingegni Napoletani, un’antologia del 1633 conservata nel medesimo catalogo, mettendo in evidenza come l’interesse per i fenomeni naturalistici nel XVII secolo trovasse forma soprattutto nella poesia, dando vita a un importante connubio di scienza e letteratura. Il documento, che contiene rilevanti testi sull’eruzione vesuviana del 1632, infatti si pone al centro di una cospicua attività editoriale dedicata alle catastrofi (si pensi anche che la silloge condivide alcuni testi con la più celebre Scelta di poesie nell’incendio del Vesuvio. I volumi di poesia della Collezione Sismica sono tra i primi componimenti della poesia napoletana dei disastri, un genere editoriale che caratterizzerà l’intero Barocco meridionale.

Infine, Annachiara Monaco ha messo a fuoco le caratteristiche linguistiche delle relazioni dedicate alle eruzioni vesuviane, analizzando un campione di testi pubblicati all’indomani dell’evento del 1631. Tali documenti avevano come obiettivo quello di informare il lettore e, al contempo, coinvolgerlo emotivamente esaltando la straordinarietà e la novità del disastro, considerato segno dell’ira di Dio. Monaco ha, inoltre, sottolineato come nel corso del Settecento, la dimensione informativa e patetico-morale tipica delle relazioni seicentesche sulle eruzioni del Vesuvio perde la sua preminenza e le relazioni diventano sempre più un contenitore atto a raccogliere osservazioni ed esperienze di carattere scientifico.

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