Di fronte all’emergenza della pandemia, si sono moltiplicati i tentativi di ricercare nel passato analogie e differenze con i modi di rispondere da parte di individui, società e istituzioni, a tale tipologia di eventi. Questo è stato il tema della conferenza del Prof. Domenico Cecere Da castighi di Dio a prodigi della natura. Le calamità e le società di antico regime, promossa dalla Prof.ssa Elisa Novi Chavarria e organizzata il 28 ottobre dall’Università del Molise.

Presentando i risultati delle ricerche del suo gruppo di lavoro, il Professore Cecere ha spiegato che le pressioni dell’attualità ci spingono a guardare all’indietro: “Da una situazione di pressoché totale silenzio o disinteresse sui temi delle calamità nella storia, si è passati, nel giro di poche settimane, a una abbondanza di citazioni da Boccaccio, Manzoni, Defoe, Camus nel discorso pubblico, in tv, nei giornali, nei social media. Giornalisti e virologi si sono improvvisati storici per mostrarci quanto le misure di contenimento adottate nel 2020 somigliassero a quelle messe in atto nelle società di antico regime”.

L’esperienza della pandemia, così come, ad esempio, l’accresciuta consapevolezza dei problemi legati al riscaldamento globale o ai cambiamenti climatici, ci offrono ragioni sufficienti per insistere sull’importanza di conoscere questi problemi anche nella loro dimensione storica, per comprenderne l’evoluzione nel presente e immaginare il futuro.

Ma quale contributo possono dare gli studiosi di storia o di altre discipline del campo delle Scienze umane e sociali, allo studio delle calamità naturali, del passato come del presente? E perché storici, filologi, storici dell’arte, antropologi lavorano in questo ambito di ricerca che può sembrare eccentrico rispetto ai più genuini interessi della ricerca storica, della critica testuale, della filologia?

Nel corso del suo intervento il Professor Cecere ha fornito degli spunti per rispondere a queste domande, guardando alcuni testi e immagini riferiti a calamità ambientali che si sono verificate in età moderna.  In primis il Professore ha inteso precisare il titolo dell’incontro che poteva suggerire l’idea di un’evoluzione lineare dell’interpretazione delle calamità naturali, nel corso dell’età moderna, da castighi di Dio a eventi inscritti nelle dinamiche della natura. Idea che è, invece, lontana dal suo punto di vista: “Questa transizione è una proiezione degli storici. Infatti nelle società dell’età moderna spiegazioni di tipo diverso spesso convivevano, non si escludevano a vicenda”.

E’ seguita un’interessante panoramica su come gli studi degli ultimi decenni abbiano indagato le catastrofi in quanto eventi che, investendo molteplici aspetti della vita associata, sono per gli studiosi un laboratorio per osservare da vicino, e sul breve periodo, le trasformazioni culturali, politiche e sociali che spesso i disastri di forte impatto hanno avviato, accelerato, in qualche caso frenato. Il Professore ha fatto notare come esse abbiano il potere di mettere in dubbio certezze, di minare gerarchie e strutture di potere, di richiamare in dubbio classificazioni dei gruppi umani e degli spazi abitati, nonché di generare o acuire conflitti tra forze sociali e visioni del mondo concorrenti.

Quindi Cecere ha cercato di mostrare quanto siano stereotipate alcune immagini delle società di antico regime che a lungo sono state dominanti tra gli storici; ed infine ha riflettuto sulle fonti che possono aver rafforzato tali stereotipi, e su come una lettura diversa di quelle stesse fonti possa invece condurci a interpretazioni diverse. Il professore si è, inoltre, soffermato su come le fonti di cui si serve lo storico nascano in una situazione connotata da determinati rapporti di forza tra gruppi e istituzioni, e dunque su quanto sia importante lo studio della comunicazione politica per interpretarle.

L’irruzione dell’eccezionale nella quotidianità, stimolando la ricerca di notizie e di spiegazioni, ampliava gli ambiti e i canali della comunicazione, facilitando l’elaborazione e la diffusione d’interpretazioni e di punti di vista molteplici. In periodi di emergenza era perciò accresciuto il rilievo politico dell’informazione, e spesso le autorità erano costrette a moltiplicare gli sforzi per rafforzare i meccanismi di controllo. Poiché per il mantenimento dell’ordine non era possibile affidarsi alle sole misure coercitive e alla repressione, le calamità furono spesso occasione di battaglie interpretative, in cui le autorità secolari, quelle religiose e le maggiori forze sociali tentarono d’imporre determinate letture degli eventi occorsi e di arginare la circolazione di voci incontrollate e di opinioni sfavorevoli.

 

 

Durante il dibattito finale il professore ha risposto alle domande di colleghi e studenti. In particolare, il Prof. Piero Ventura ha commentato come i riti organizzati dopo le calamità dalle autorità politiche e religiose avessero un grande contenuto simbolico volto a ristabilire e confermare le precedenti gerarchie e l’ordine stabilito prima del disastro. Altri partecipanti hanno chiesto al professore le somiglianze tra il modo in cui si sta gestendo l’attuale pandemia e le politiche applicate nell’Antico Regime. A questo riguardo, Cecere ha sottolineato la profusione di notizie che il virus ha generato nei vari media, frutto dell’impetuosa ricerca di spiegazioni effettuata dal cittadino comune, e dell’evidente malcontento sociale generato dalla crisi che induce a mettere in dubbio l’efficace gestione della pandemia da parte delle autorità politiche.

 

This post is also available in: Inglese Spagnolo

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *